Entro maggio 2019, in vigore nuovi limiti per l’acquisto degli alimenti privi di glutine.

Per le persone celiache, circa 200 mila nel nostro Paese, gli alimenti senza glutine non sono un capriccio o una moda ma l’unica cura possibile, quindi una terapia salvavita. Per questo hanno diritto ad accedervi gratuitamente, attraverso i buoni forniti dal Servizio sanitario nazionale, nei limiti dei tetti mensili fissati dal Ministero della Salute con il Decreto del 4 maggio 2006. Limiti, cioè importi, che presto dovrebbero cambiare in seguito all’entrata in vigore del nuovo Decreto sui «Limiti massimi di spesa per l’erogazione dei prodotti senza glutine», pubblicato in Gazzetta ufficiale a fine agosto (n. 199). Il condizionale è d’obbligo perché sulla vicenda è nato un «pasticcio» normativo sul quale le associazioni dei malati chiedono chiarimenti.

Il Decreto stabilisce che entro sei mesi, quindi entro fine febbraio 2019, dovrà essere aggiornato il registro nazionale degli alimenti, poi le Regioni avranno tre mesi di tempo per adeguarsi. Tuttavia, è stata diramata una circolare del Ministero della Salute in cui si stabilisce che: «A far data dal 12 settembre codeste Regioni per il tramite delle Aziende sanitarie locali, territorialmente competenti, sono tenute ad applicare i nuovi limiti mensili… Quanto alle norme transitorie, si rappresenta altresì che fino alla pubblicazione del registro nazionale degli alimenti senza glutine aggiornato occorre fare riferimento agli alimenti inclusi nel registro attualmente disponibile». Dura la presa di posizione dell’Associazione italiana celiachia.

Dice il presidente AIC , Giuseppe Di Fabio: «Gli annunci del ministro Grillo, lanciati su twitter nelle scorse settimane, di voler fare chiarezza sui nuovi tetti di spesa approvati con Decreto ministeriale il 10 agosto e di voler valutare quindi eventuali modifiche per non penalizzare i pazienti celiaci, sono rimasti lettera morta. Non solo — prosegue Di Fabio — il Ministero ha diffuso del tutto inaspettatamente una circolare confusa, immotivata e inutile che, ignorando le disposizioni di legge, ha anticipato i tempi di applicazione dei tetti di spesa ridotti senza rivedere preventivamente il Registro Nazionale, che elenca gli alimenti senza glutine erogabili a spese del Servizio Sanitario Nazionale. Il risultato? È caos nelle Regioni dove regna il “fai da te” con pazienti che ricevono trattamenti differenti. i pazienti, senza essere stati informati del repentino anticipo del taglio, scoprono di non avere più diritto alla stessa esenzione del mese precedente, mentre altri ricevono i buoni invariati per l’intero anno successivo e in alcuni casi sono gli esercenti, su indicazione delle loro ASL, a correggere i buoni dei pazienti. Ma stanno pagando anche gli operatori, quindi farmacisti, grande distribuzione e negozi, ignari della repentina, inattesa e retroattiva corsa all’applicazione dei tetti ridotti. Siamo profondamente delusi e indignati e ancora attendiamo la risposta del Ministero sulle ragioni di questa corsa a fare cassa, anticipando le scadenze previste dal decreto scritto, firmato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale». Il Ministero della Salute, da parte sua, fa sapere che «sono in arrivo chiarimenti».

Innanzitutto si riduce la cifra che gli adulti, in particolare gli ultrasessantenni, potranno spendere ogni mese per l’acquisto di pane, pasta e altri cibi senza glutine, in base al sesso e alle fasce di età (dalle attuali 4 si passa a 6); aumenta, invece, l’importo mensile nel primo anno di vita.

Il contributo può cambiare a seconda della residenza perché ogni Regione può decidere se aumentarlo o meno.

Il provvedimento di fine agosto apporta modifiche anche alla varietà dei prodotti senza glutine cui ha diritto chi soffre di celiachia, compresa la variante della dermatite erpetiforme. Si specifica, infatti, che il buono mensile a carico del Ssn può essere utilizzato per l’acquisto di «alimenti senza glutine specificamente formulati per celiaci», inclusi nel registro nazionale, che rientrano nelle seguenti categorie: pane e affini, prodotti da forno salati; pasta e affini; pizza e affini; piatti pronti a base di pasta; preparati e basi pronte per dolci, pane, pasta, pizza e affini; prodotti da forno e altri prodotti dolciari; cereali per la prima colazione. Restano gratuiti tutti quegli alimenti che rispondono alle esigenze degli stili di vita contemporanei prevalenti, come i primi piatti pronti o semipronti».