Bonus 80 euro addio dal 2020, con riflessi immediati nella busta paga dei lavoratori dipendentiche, fino ad oggi, hanno percepito il credito Irpef meglio conosciuto con il nome del Premier che lo introdusse nel 2014, Matteo Renzi.
L’introduzione della flat tax promessa dalla Lega porta alla necessità di riorganizzare l’attuale sistema di agevolazioni fiscali Irpef, compreso il bonus Renzi.
L’abolizione del credito di 80 euro non è più un mistero, sebbene restino rischi e criticità di una scelta tutt’altro che popolare.
L’obiettivo è quello di superare e non cancellare definitivamente gli 80 euro, con un meccanismo che secondo il Sottosegretario al MEF Massimo Garavaglia non cambierà il netto in busta paga.
Tra le ipotesi vi è quella di trasformare il bonus Renzi in una riduzione d’imposta, una detrazione fiscale o contributiva.
Una mossa tecnica utile per far figurare il bonus di 80 euro come taglio delle imposte e non come spesa, ma anche una mossa politica per cancellare dai cedolini paga mensili di milioni di italiani ogni riferimento all’ex Premier Matteo Renzi.
Ad oggi, il bonus Renzi di 80 euro viene erogato mensilmente in busta paga ai contribuenti con redditi che vanno dagli 8.174 euro ai 24.600. Sopra questa soglia e fino a 26.600 l’importo del credito erogato diminuisce progressivamente fino ad azzerarsi.
Gli 80 euro vengono pagati dal datore di lavoro (che successivamente recupera in compensazione la somma anticipata) e sono indicati in busta paga con una voce a parte, in varie diciture, come: Credito art. 13 TUIR o Bonus DL 66/2014 (Renzi).
Pur non essendo tecnicamente una detrazione fiscale, la ratio dell’introduzione del bonus mensile di 80 euro, pari a 960 euro annui, è stata quella di ridurre l’Irpef per i lavoratori con redditi bassi. Da sempre si critica il meccanismo con il quale la misura, lodevole nelle intenzioni, sia stata attuata.
Tra le criticità maggiori vi è la verifica dei requisiti effettivi per riceverlo, effettuata soltanto a chiusura dell’anno fiscale con la presentazione della dichiarazione dei redditi.
In termini pratici, il tutto si traduce con l’obbligo di restituzione di tutto o parte del bonus riconosciuto in anticipo dal datore di lavoro in busta paga se, con il modello 730, ci si accorge di non aver superato il limite della no tax area oppure di aver percepito redditi superiori al limite di 26.600 euro.
Una situazione che, in riferimento al primo caso, riguarda spesso quei lavoratori che perdono il posto nel corso dell’anno.
Per superare il problema della restituzione, per far sì che gli 80 euro non figurino come spesa, e per cancellare ogni riferimento al padre del bonus Irpef dalle buste paga degli italiani, il piano della Lega è quello di trasformare i 960 euro in una detrazione fiscale o contributiva.
In sostanza, gli 80 euro sarebbero scalati dalle trattenute mensili effettuate dal datore di lavoro per conto dell’Erario, con l’effetto che per i lavoratori dipendenti resterà “lo stesso netto in busta paga”. Questo è quanto dichiarato dal Sottosegretario Garavaglia.
In tal caso la conseguenza immediata sarebbe che il bonus Renzi non sarebbe più automaticamente pari ad 80 euro per tutti ma, essendo legato alle trattenute Irpef o alle trattenute previdenziali (che a loro volta sono legate al totale dei redditi percepiti nell’anno) verrebbe riproporzionato sulla base della capienza Irpef di ciascun contribuente.
L’effetto, paradossale, è che il bonus riconosciuto sarebbe più elevato per i contribuenti con redditi alti e che, di conseguenza, scenderebbe gradualmente in relazione al calare dei redditi. Secondo le prime simulazioni, ad essere penalizzati sarebbero i contribuenti i cui redditi annui non superano i 10.000 euro e, così come previsto ad oggi, ne resterebbero totalmente esclusi i contribuenti in no tax area.
Si presume tuttavia che se la scelta del Governo dovesse essere davvero quella di trasformare il bonus di 80 euro in una detrazione fiscale, saranno fissati degli scaglioni di reddito e dei massimali di sgravio.
Un’ipotesi, anche questa, considerando che ad oggi non vi sono state dichiarazioni sui numeri reali della riforma fiscale così come simulazioni ministeriali sulla flat tax.