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Polizze dormienti: come recuperare le somme dimenticate.

Il ministero dell’Economia e delle Finanze ha ricordato che, a partire dal mese di novembre 2018, inizieranno a scadere i termini per l’esigibilità delle somme relative ai primi «conti dormienti» affluiti al Fondo rapporto dormienti nel novembre 2008. Al Fondo affluiscono, fra l’altro, somme inutilizzate relative a strumenti di natura bancaria e finanziaria, di importo non inferiore a 100 euro, non più movimentati dal titolare del rapporto o da suoi delegati per un tempo ininterrotto di 10 anni decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme. Nella categoria dei “conti dormienti” rientrano quindi, non solo depositi di denaro, libretti di risparmio (bancari e postali), conti correnti bancari e postali, ma anche azioni, obbligazioni, certificati di deposito e fondi d’investimento, contratti di assicurazioni vita, nonché assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione.
Il termine di prescrizione si applica trascorsi 10 anni da quando le somme, precedentemente non movimentate per altri 10 anni, sono state trasferite al Fondo, fatta eccezione per gli assegni circolari che hanno termini diversi di prescrizione. Si tratta in pratica di somme mai movimentate per 20 anni, per le quali il ministero dell’Economia e delle Finanze ritiene comunque opportuno invitare ad effettuare una verifica puntuale sull’esistenza di “conti dormienti” intestati a proprio nome o a nome di familiari di cui possano risultare eredi, al fine di inoltrare, nel caso, domanda di rimborso in tempo utile.
Per il recupero del denaro presente nei depositi dormienti, è necessario invece inoltrare una domanda di rimborso, che può essere redatta accedendo al sito internet Consap, nella quale devono essere inseriti, con estrema precisione, tutti i dati e le informazioni necessarie a chiarire la propria posizione. Bisogna inoltre presentare il proprio documento di identità, codice fiscale e in caso di eredi il certificato di morte del titolare.
La domanda, insieme a tutta la documentazione, può essere presentata esclusivamente in forma cartacea, mediante lettera raccomandata a/r, all’indirizzo: Consap spa. rif. Rapporti dormienti- V. Yser 14 – 00198 Roma o mediante raccomandata a mano da depositare presso la sede della società.
Termine di presentazione della domanda: occorre tenere presente che la presentazione della domanda è gratuita ma, in caso di accoglimento, l’istituto provvederà a trattenere una percentuale sulla somma per l’istruzione della pratica e le spese vive. La procedura ha una tempistica piuttosto lenta, data dall’alto numero delle richieste. Questo ha provocato non pochi malumori, ma al momento è l’unica strada percorribile per recuperare queste somme.
In pratica per ottenere la restituzione di somme di denaro presenti in libretti di risparmio dormienti, ossia non movimentati per più di dieci anni, è necessario presentare un’istanza di rimborso indirizzata alla Consap che, presa visione della richiesta e della documentazione, provvederà a rispondere, accordandola o rifiutandola.

Quali sono i rischi se non si paga un finanziamento?

La centrale rischi è una sorta di banca dati in cui vengono inseriti i nominativi di tutti coloro che hanno un prestito o un finanziamento in corso, nonché i nominativi dei soggetti inadempienti rispetto al rimborso degli stessi.
Per la precisione, esistono due tipi di banche dati:
• le SIC, sigla che sta per sistemi di informazioni creditizie: ad esempio, Crif e Experian. Esse contengono i datidi tutti coloro che hanno un prestito, un mutuo, un finanziamento in corso. Si tratta di una rete di informazioni alla quale attingono gli istituti di credito e le finanziarie prima di dare in prestito denaro. Esse hanno la funzione di fornire all’istituto di credito informazioni utili sull’esistenza di un finanziamento in corso, il relativo importo, e, naturalmente, anche l’eventualità che il soggetto in questione non paghi regolarmente le rate. Nelle SIC si viene iscritti anche se si è debitori virtuosi che pagano regolarmente quanto dovuto. A una banca o a una finanziaria, infatti, è sempre utile sapere se una persona che chiede un finanziamento ne abbia altri in corso, anche se paga puntualmente le rate. Essa, infatti, per concedergli del denaro in prestito dovrà tenere in considerazione il fatto che quella persona ha già il carico derivante dal rimborso di un finanziamento in corso. Questa valutazione potrebbe indurre l’istituto di credito a non concedere l’ulteriore finanziamento richiesto, a meno che il soggetto richiedente non disponga di un reddito tale da garantire il pagamento agevole di tutte le esposizioni debitorie;
• la CAI, sigla che sta per Centrale Allarme Interbancaria, detta anche centrale rischi. Mentre le CRIF sono tenute da società private, la CAI è una banca dati pubblica, controllata dalla Banca d’italia. Qui vengono inseriti i nominativi di coloro che, essendo intestatari di un prestito, di un mutuo o di un finanziamento, non pagano le relative rate e sono pertanto considerati soggetti inaffidabili. Tuttavia, l’inserimento nella centrale rischi non avviene per il semplice ritardo nel pagamento di una rata. La giurisprudenza infatti, ritiene che vi debba essere un comportamento del debitore tale da far presumere la sua inaffidabilità, quindi un semplice ritardo al quale si pone tempestivamente rimedio non giustifica l’iscrizione. Inoltre, la finanziaria, prima di procedere alla segnalazione, dovrà avvisare il debitore mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
L’iscrizione nella centrale rischi comporta delle conseguenze: l’impossibilità di emettere assegni, di accedere nuovamente al credito, di aprire conti correnti, di utilizzare la carta di credito.
Il termine è:
• di 12 mesi in caso di mancato pagamento di una o due rate;
• di 24 mesi se a non essere state pagate sono tre o più rate.
I suddetti termini decorrono dal pagamento, o, se questo non è avvenuto, dall’estinzione o dalla risoluzione del contratto di finanziamento.
La cancellazione avviene d’ufficio, senza necessità di richiesta. Non è previsto che essa possa essere chiesta anticipatamente.
In caso di mancato pagamento, le finanziarie sono solite rivolgersi a società di recupero crediti, che hanno il compito di fare pressioni sul debitore affinché paghi quanto dovuto. Le pratiche poste in essere da queste società sono spesso aggressive e mirano, mediante minacce, a intimorire il debitore. infatti, esse vengono pagate a percentuale rispetto ai crediti che sono riuscite a riscuotere: quindi hanno interesse che il debitore, spaventato, paghi prima possibile.
Il più delle volte, le società di recupero crediti, per fare pressione sul debitore, ricorrono a telefonate di minaccia. In queste occasioni, spesso si cerca di spaventare l’interessato prospettandogli un pignoramento imminente. Bisogna però tener presente che le finanziarie, come qualunque altro creditore, non possono procedere a nessun pignoramento se non sono in possesso di un titolo, detto titolo esecutivo, proveniente dall’autorità giudiziaria, che deve preventivamente essere notificato al debitore nelle forme di legge. Se ciò non è avvenuto, le minacce degli operatori delle società di recupero crediti sono del tutto infondate.
Un altro strumento di sollecito adoperato da queste società é la comunicazione scritta, con la quale si minaccia l’azione esecutiva qualora il debitore non dovesse provvedere al pagamento immediato di quanto dovuto. Queste lettere possono pervenire per posta semplice o per raccomandata. Se pervengono per posta semplice, esse non hanno nessun valore legale, perché il creditore non può dimostrare la ricezione delle stesse da parte del debitore. A tal proposito, occorre ricordare che i crediti sono soggetti a un termine di prescrizione, decorso il quale si estinguono.
Il termine di prescrizione viene interrotto dalla richiesta di pagamento, fatta per iscritto dal creditore e rivolta al debitore. Naturalmente, il creditore deve poter dimostrare che la richiesta è stata ricevuta dal debitore. Pertanto, in questo caso, è meglio non rispondere alla comunicazione, perché ciò implicherebbe il riconoscimento di aver ricevuto la lettera, e consentirebbe l’interruzione della prescrizione, a tutto svantaggio del debitore.
In caso di mancato pagamento di una rata, oltre agli interessi dovuti per contratto, detti corrispettivi, il debitore dovrà pagarne altri più elevati, chiamati moratori, che sono dovuti in caso di ritardo.
L’importo degli interessi moratori è stabilito, anch’esso, nel contratto di finanziamento. Qualora quest’ultimo non dica nulla al riguardo, si applicano quelli previsti di anno in anno con apposito decreto.
La società finanziaria, per ottenere il recupero delle rate non pagate da parte del debitore, deve rivolgersi all’autorità giudiziaria, chiedendo l’emanazione di un decreto ingiuntivo. Con questo termine si indica un provvedimento, che ha efficacia esecutiva immediata, con il quale il giudice intima al debitore di provvedere al pagamento di quanto dovuto.
Il decreto ingiuntivo deve essere notificato al debitore. Nei 40 giorni successivi quest’ultimo può proporre opposizione, sollevando tutte le questioni che ritiene rilevanti. Se non lo fa, il decreto diviene definitivamente esecutivo, e non può essere più impugnato. Se invece il debitore propone opposizione, si instaura una vera e propria causa, all’esito della quale il giudice potrebbe confermare il decreto, condannando il debitore al pagamento del suo debito oltre alle spese legali, oppure, al contrario, ritenere che le somme richieste dalla finanziaria non devono essere pagate.
Successivamente alla notifica del decreto ingiuntivo, il creditore deve notificare al debitore un atto di precetto, consistente nell’intimazione formale a pagare le somme indicate nel decreto, oltre agli ulteriori interessi e alle spese legali, nel termine di 10 giorni dalla notifica.
Se tale termine trascorre inutilmente, il creditore può procedere al pignoramento dei beni del debitore. Può pignorare i beni immobili di quest’ultimo, compresa la prima casa, oppure dei beni mobili di valore, o l’automobile. Procedendo poi alla vendita, mediante il tribunale, di questi beni, può soddisfarsi sul ricavato, tenendo per sé la somma corrispondente al proprio credito e versando la rimanenza al debitore.
Possono essere pignorati anche stipendi e pensioni, nei limiti di un quinto del loro ammontare. La pensione non può però essere pignorata se inferiore al minimo vitale, pari a una volta e mezzo l’assegno sociale. E’ pignorabile, sempre nei limiti del quinto, la differenza.
Sono altresì pignorabili i conti correnti ed eventuali crediti che il debitore dovesse vantare nei confronti di terzi.
Se il debito con la finanziaria era stato garantito da un fideiussore, la società creditrice, non riuscendo a soddisfarsi sui beni del debitore principale, potrebbe rivolgersi a lui per ottenere il pagamento di quanto spettantele.
Il contratto di finanziamento può prevedere la risoluzione immediata dello stesso anche in caso di mancato pagamento di una sola rata. In tale ipotesi, la finanziaria può chiedere al debitore il pagamento immediato non solo delle rate scadute, ma dell’intero importo finanziato.
Tuttavia, secondo la giurisprudenza, perché la finanziaria eserciti questo diritto occorre avere riguardo all’importo delle somme non pagate dal debitore in relazione all’intero finanziamento. Se a non essere pagata è una sola rata, e ben difficile che alla finanziaria possa essere riconosciuto il diritto di risolvere il contratto e di pretendere il pagamento immediato dell’intero. Invece, se vi sono da parte del debitore diversi inadempimenti, che sommati tra loro danno una somma piuttosto consistente, il diritto della finanziaria alla risoluzione del contratto potrà essere esercitato.
I rimedi che la legge stabilisce in favore del debitore che non è più in grado di pagare sono sostanzialmente due: il pagamento a saldo e stralcio il ricorso alla legge sul sovraindebitamento.
Il pagamento a saldo e stralcio consiste nella proposta, da parte del debitore, di pagare iun mporto forfettario inferiore rispetto al debito effettivo, ma comunque sufficiente perché il creditore possa ritenersi soddisfatto. Infatti, per il creditore può risultare conveniente un pagamento immediato, anche se inferiore rispetto alle somme che gli spetterebbero, piuttosto che anticipare il denaro necessario per azioni giudiziarie che possono anche rivelarsi lunghe e dall’esito incerto.
Se il debitore non è assolutamente in condizione di far fronte ai propri impegni può ricorrere alla legge sul sovraindebitamento, detta anche legge salva suicidi. Grazie ad essa, il debitore può proporre al giudice un piano di rientro sostenibile, compatibile con le sue condizioni economiche. Se il giudice lo accetta, il creditore ne è vincolato.

Antitrust: nessun sovrapprezzo se il cliente paga con carte di credito.

I venditori di beni e servizi non possono applicare nessun sovrapprezzo ai consumatori che decidono di pagare con carta di credito. Lo precisa l’Antitrust, che ribadisce dopo essere già intervenuta più volte in passato sulla questione, con una comunicazione alle imprese, il divieto di supplementi, anche per i piccoli esercizi commerciali quali tabaccai o lavanderie, per l’uso di carta di credito, di debito o di altri strumenti di pagamento diversi dal contante.

Tante le segnalazioni sull’applicazione di un supplemento di prezzo per l’acquisto di vari beni e servizi, ricevute dall’Autorità, come si legge in una nota, tra cui ad esempio biglietti e abbonamenti del trasporto pubblico, servizi di lavanderia, bevande e alimenti, in esercizi commerciali anche di piccola dimensione, distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Inoltre, continua l’Antitrust, ci sono state “diverse segnalazioni” sull’applicazione dei tabaccai di un sovrapprezzo “spesso pari a 1 euro” in occasione di acquisti di sigarette, marche da bollo, biglietti per trasporti pubblici.

L’Authority precisa di essere già intervenuta, in passato, per sanzionare l’applicazione di questi supplementi che rappresentano una “violazione dei diritti dei consumatori”.